Tag: <span>genitori</span>

Quali sono le basi per lo sviluppo psicologico del bambino?

images1Quando si parla di sviluppo psicologico del bambino si è soliti pensare alla qualità della sua infanzia come un elemento indispensabile ai fini del benessere psico-fisico. In effetti, possiamo pensare all’infanzia un po’ come alle fondamenta di un’opera architettonica: la stabilità della costruzione, la sua flessibilità e il suo equilibrio sono elementi indispensabili. La loro importanza però, non va confusa con la necessità di perfezione, questo sia perché la perfezione è un obiettivo irrealizzabile, sia perché stabilire il concetto di “infanzia perfetta” è molto difficile.

Winnicott, famoso psicoanalista inglese di stampo freudiano, ha avuto il merito di aver sfatato il mito o la credenza secondo cui la madre debba necessariamente essere perfetta per una sana crescita del proprio figlio e per non provocare a questi dei traumi. Winnicott sosteneva infatti che non occorre essere una madre infallibile, precisa, irreprensibile ma “sana e affettivamente presente”. Una madre quindi che si stanca, che è alle prese con le proprie difficoltà, che è preoccupata per una serie di motivazioni ma che nonostante tutto è capace di trasmettere amore e sicurezza, che è in grado di rispondere ai bisogni del proprio bambino, sintonizzandosi con le sue richieste.  Sono proprio le grosse carenze nella soddisfazione di questi bisogni a porre le basi per la nascita di problematiche nello sviluppo affettivo dei bambini. I bisogni del bambino non comprendono solo la cura dal punto di vista fisico, come ad esempio il bisogno di nutrizione. Le basi per un sano sviluppo psicologico del bambino passano attraverso i bisogni di:

  • Sicurezza: la sicurezza di un bambino piccolo è completamente nelle mani dell’adulto che si occupa di lui così come quindi la sua possibilità di sopravvivere o meno. Un bambino che cresce con la sensazione di sentirsi in pericolo sperimenta in continuazione un senso di vulnerabilità che condizionerà pesantemente le sue scelte, le sue relazioni, i suoi progetti di vita. È il caso dei maltrattamenti e degli abusi.
  • Autonomia: l’incoraggiamento all’autonomia è un tema molto importante. Questo bisogno, se frustrato, genera problematiche relative alla dipendenza dagli altri, al bisogno di approvazione e all’incapacità di operare scelte. Questo accade quando i genitori non incoraggiano l’autonomia del figlio e tendono a sostituirsi a lui o ad operare per lui scelte che è in grado di prendere da solo. D’altro canto vi sono genitori che invece incoraggiano l’autonomia del bambino non considerando il suo livello di sviluppo, la conseguenza è di nuovo un senso di inadeguatezza e frustrazione perché non ci si sente all’altezza di un compito assegnato.
  • Autostima: è la stima del valore personale che ciascuno di noi fa di sé stesso. Un bambino che non si sente amato è un bambino che trae la conclusione di “non valere”, di non essere quindi degno dell’amore e delle attenzioni altrui.
  • Bisogno di esprimersi: questo bisogno viene soddisfatto quando si incoraggia il bambino sin da piccolo ad esplorare i propri interessi, quando non ci si sostituisce a lui nell’individuare o stabilire le sue inclinazioni naturali ma lo si lascia sperimentare, quando lo si lascia libero di esprimere le proprie emozioni non inducendo in lui colpa, vergogna o ridicolizzazione.

Ecco quindi che non esistono regole perfette o precise da applicare. Questo perché non esiste un bambino uguale all’altro, così come non ci sono genitori identici nello stile educativo e affettivo. L’ambiente che circonda il bambino quindi, dovrebbe essere costituito innanzitutto dall’attenzione a questi bisogni, non dimenticando i propri e non colpevolizzandosi per il fatto di averli. Un bambino è sereno e felice quando si sente al sicuro, amato, quando sente vicine le figure di riferimento che lo incoraggiano ad esplorare l’ambiente e che sono emotivamente presenti, disponibili e accoglienti nel suo percorso di conoscenza del mondo.

Quando mamma e papà si separano…

sepLa separazione dei genitori è uno tra gli eventi più difficili da affrontare nella vita di un bambino. Diversamente da quello che si pensa però, la fine di un rapporto coniugale non interessa solo i genitori e i figli ma l’intero nucleo famigliare (nonni, zii ecc.), ogni persona coinvolta si trova perciò a dover elaborare le diverse emozioni che ne scaturiscono. La separazione è un processo di grande cambiamento e, come tale, innesca inevitabilmente una serie di grandi modificazioni di carattere psicologico, organizzativo e sociale. Così come ogni importante cambiamento porta nella vita di una persona una certa dose di stress, allo stesso modo la separazione si caratterizza come una fase di transizione, di passaggio da uno stato precedente, conosciuto, certo, ad uno nuovo, da conoscere, in cui la ricerca di un nuovo equilibrio può risultare lunga, difficile e problematica. Le emozioni in gioco sono intense: rabbia, colpa, vergogna e tristezza caratterizzano questo passaggio verso la disgregazione di un progetto originario di unione, coesione e complicità, non a caso il termine più utilizzato dai coniugi per descrivere il loro stato emotivo è “fallimento”.

L’interrogativo più frequente tra genitori in procinto di separarsi riguarda la modalità con cui comunicare ai figli la separazione, l’intento che li guida è sicuramente l’intenzione di non procurare loro dolore e sofferenza. In realtà non è possibile annunciare ai figli la separazione coniugale senza che provino dolore o sofferenza, i genitori sono i riferimenti più importanti per i bambini e il timore di perderli va sempre considerato, rassicurandoli che sebbene alcune cose nella loro vita cambieranno, l’amore che provano la mamma e il papà nei loro confronti è talmente grande che non può finire. È molto importante, per quanto difficile sia, comunicare la separazione ai bambini con un linguaggio semplice, adeguato alla loro età, spiegando loro che non vanno più d’accordo ma che questo non ha niente a che fare con loro, che non hanno colpe e non sono il motivo per cui hanno deciso di non vivere più insieme. Per quanto difficile sia, dire la verità è sempre la scelta migliore. È indispensabile la presenza di entrambi i genitori nel momento in cui viene comunicata la decisione di separarsi, un errore molto comune è infatti quello di lasciare che se ne occupi solo uno dei due: i bambini hanno bisogno di ascoltare entrambi i genitori e ricevere da tutti e due le rassicurazioni sul fatto che nessuno li abbandonerà.

Solitamente, le reazioni alla notizia della separazione sono molto simili a quelle che si osservano dopo la perdita di una persona cara:

  • rifiuto e rabbia: può capitare che il bambino si comporti come se non avesse compreso e accettato i cambiamenti di cui gli hanno parlato i genitori, può ad esempio voler evitare di parlarne o far finta che non stia succedendo niente. La rabbia può essere manifestata in vari modi e contesti come ad esempio la scuola, dove potrebbe verificarsi una diminuzione del rendimento o un atteggiamento di chiusura verso gli insegnanti e i compagno. È molto importante che gli insegnanti siano a conoscenza della situazione per poter offrire il loro supporto e comprensione;
  • tentativi di ristabilire la situazione precedente: può capitare che i bambini facciano di tutto per riavvicinare la mamma e il papà, che cerchino di convincerli a tornare insieme promettendo loro di essere più buoni. È indispensabile rassicurare il bambino sul fatto che la decisione di separarsi non è stata presa a causa sua, molto spesso infatti i bambini convivono con un pesante senso di colpa di essere stati la causa della separazione;
  • depressione, tristezza: solitamente queste emozioni si manifestano quando il bambino è divenuto consapevole che quel che sta accadendo è inevitabile, che non potrà più vivere la situazione precedente. La tristezza in questi casi può manifestarsi con apatia, svogliatezza, pianto frequente e isolamento.

È importante rassicurare il bambino che la sua famiglia non cesserà di esistere, che i suoi genitori si separano ma non li abbandoneranno, che i ritmi e le abitudini verranno conservati e mantenuti e che col passar del tempo pian piano si abitueranno alla nuova situazione.

È importante inoltre incoraggiare il bambino a esprimere le sue emozioni e i suoi pensieri. Essere ad esempio all’oscuro del fatto che pensi di essere il responsabile dei disaccordi dei propri genitori è emotivamente difficile da gestire, così come la paura dell’abbandono o di perdere l’amore del genitore che non vive con lui.

Il rimprovero come strumento educativo

bimbo-300x225Il rimprovero è un atto educativo che ha l’obiettivo di sanzionare una condotta o un modo di fare giudicato inopportuno, la sua funzione è quindi quella di correggere un comportamento ritenuto sconveniente o nocivo, non in linea con alcuni standard adottati da chi muove la critica.

Essendo uno strumento educativo, non si può non tener conto della modalità con cui viene attuato e degli effetti che questo comporta sul bambino.

Se da un lato è vero che non rimproverare un bambino non gli dà l’opportunità di comprendere quali comportamenti non deve ripetere, dall’altro troviamo a volte rimproveri che non riescono a raggiungere l’obiettivo per cui sono effettuati. Spesso capita infatti di compierlo con una modalità aggressiva che diventa controproducente.

Quali sono quindi le caratteristiche di un rimprovero adeguato?

  • Riferirsi solo a ciò che è accaduto senza generalizzare: un comportamento errato o sbagliato non implica che il bambino sia “cattivo”;
  • Assicurarsi che il bambino abbia compreso la motivazione per cui non deve ripetere quel comportamento, il bambino non ha in mente tutte le motivazioni dell’adulto per cui non si può dare per scontato che ne abbia compreso tutte le conseguenze;
  • Utilizzare un tono autorevole e deciso;
  • Comunicare senza aggressività ed evitare modalità ricattatorie.

Il rimprovero deve promuovere un atteggiamento autocritico ed aumentare la consapevolezza, utilizzarlo con un’emotività molto alta (ad esempio in preda alla collera) favorisce nel bambino l’insorgenza di emozioni come la paura, la rabbia che non permettono la riflessione sui propri atteggiamenti e sulle motivazioni che li hanno generati.

Qual è il miglior metodo educativo?

eduL’educazione dei bambini ha subito col tempo un notevole aumento dell’attenzione e molto spesso i genitori si documentano sempre più sui vari stili educativi e su quale sia il modo migliore per crescere i propri figli.

La crescente attenzione ai minimi aspetti delle scelte educative ha messo in dubbio uno dei detti popolari più famosi della “psicologia comune” come “Mazze e panelle fanno i figli belli”. Questo stile educativo è guidato dal principio teorico che vede la “punizione” come un possibile deterrente di comportamenti giudicati inopportuni. Ma è davvero così? È chiaro che tutti i genitori hanno come obiettivo il bene dei figli ma come si fa a capire se un metodo educativo è adeguato?

Ogni genitore dovrebbe tener conto che insieme al coniuge, rappresenta il primo modello attraverso cui il bambino impara. Da lui apprende non solo a parlare, a camminare e a giocare, ma impara un’abilità importantissima: stare in relazione. Stare in relazione con gli altri è una capacità che il bambino sperimenta a partire dagli adulti di riferimento e utilizza con i suoi pari e con gli altri, generalizzando il modello appreso che diventa una sorta di “schema”, un modo fisso di relazionarsi. Durante la crescita, i bambini mettono sicuramente a dura prova la pazienza degli adulti (continue richieste, insistenze, provocazioni) e di certo una “sberla” non è sinonimo di “non amore o cattiveria” del genitore. Se adesso facciamo un passo indietro, e torniamo al concetto di “apprendimento dall’adulto”, lo schiaffo presenta caratteristiche e soprattutto significati che paradossalmente non vorremmo che un bambino apprendesse. Nello specifico, i messaggi contenuti nello schiaffo sono:

  • La mamma o papà quando si arrabbiano possono farmi del male e quindi sono da temere (imparo ad aver paura di loro);
  • Siccome li temo non posso parlar loro di tutto, se si arrabbiano io rischio di star ancora peggio! (Non so con chi parlarne/devo rivolgermi ad altri);
  • Quando ci si arrabbia con qualcuno lo si può/deve picchiare;
  • Se picchio chi mi fa arrabbiare ottengo che lui smetta di fare ciò che mi infastidisce.

Ora, immaginate di utilizzare la sberla come strumento educativo. Ancora, immaginate che vostro figlio abbia picchiato un compagno a scuola durante un diverbio e che la maestra ve lo riferisca. Tornate a casa e, ovviamente, parlate dell’accaduto con il bambino. Come gli spiegate che non si fa e che non deve farlo più? In fondo voi con lui lo avete fatto e lui ha imparato che spaventare l’altro è il metodo più efficace per raggiungere l’obiettivo. Come risolvete la situazione? Come gli spiegate che voi potete farlo e lui no? Cosa ottiene il bambino da questa esperienza? Confusione, instabilità, mancanza di sicurezza nel genitore, errata previsione dei suoi comportamenti. Ecco quindi che l’incoerenza del genitore è una delle caratteristiche più pericolose nell’educazione dei figli.

Allora probabilmente ciò che conta è dialogare, spiegare, insegnare a gestire le emozioni già dalle piccole situazioni che ci vengono offerte quotidianamente in modo che il bambino impari a capire come si sente e apprenda dal genitore un modo funzionale per esprimere quell’emozione.

Un corretto stile educativo quindi, non insegna a risolvere i problemi con l’aggressività ma attraverso il dialogo, la comprensione delle motivazioni alla base dei comportamenti, il suggerimento di una strategia diversa per risolvere i problemi. Inoltre, essendo esseri sociali abbiamo bisogno degli altri nella nostra vita e imparare a “stare in relazione” è di fondamentale importanza. Stare in relazione insomma è una capacità inscritta nel nostro patrimonio genetico ma modellabile e plasmabile da chi ci insegna sin dai primi giorni di vita a stare al mondo.

Non possiamo quindi interrogarci sulla correttezza di un metodo educativo se non cerchiamo di analizzare il nostro modo di relazionarci con i figli, perché questo viene prima di tutto. Cerchiamo di soffermarci più sul “come” insegniamo, il “cosa” viene dopo.

Coronavirus – Vademecum Psicologico per i Cittadini

Il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) mette a disposizione dei cittadini che sono in casa per la pandemia una guida …

L’importanza del gioco simbolico per i bambini

Il gioco simbolico rappresenta una forma di gioco caratterizzato da “finzione”, dall’utilizzo di un oggetto che evoca …

Cos’è la manipolazione affettiva?

La manipolazione emotiva è una forma di comportamento volto al raggiungimento dei propri scopi attraverso l’induzione …